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25-09-2025CYBER SECURITY

Il valore del SOC nella governance della sicurezza informatica

Il SOC come leva predittiva e strategica nell’era della NIS2

In un contesto in cui le minacce informatiche evolvono con una rapidità che rende obsoleti i modelli reattivi, il Security Operation Center (SOC) non può più essere considerato un mero centro di monitoraggio, ma deve diventare il cuore pulsante di una strategia di sicurezza predittiva. La differenza tra un’organizzazione che subisce la sicurezza informatica, fra adempimenti normativi in continua e costante evoluzione e una giungla di fornitori, e un’organizzazione che la governa si gioca tutta qui: nella capacità di anticipare, leggere i segnali, anche i più deboli, intervenire prima che un evento si trasformi in un incidente di sicurezza o in una crisi. In questo cambio di paradigma, il SOC assume una centralità non solo operativa, ma strategica.

La trasformazione del SOC da componente tecnica a nodo decisionale nasce dalla consapevolezza che il perimetro da difendere non è più statico. Gli asset digitali si distribuiscono tra ambienti cloud, edge e on-premise, mentre le superfici di attacco si espandono di pari passo con la digitalizzazione dei processi aziendali e l’estensione della supply chain. In questo scenario, affidarsi esclusivamente a logiche difensive, reattive, post-evento significa rincorrere una minaccia che ha già compromesso la resilienza dell’organizzazione. È qui che l’approccio predittivo diventa un fattore critico di successo.

Un SOC moderno deve saper interpretare i dati prima ancora che diventino alert. Non si tratta solo di potenziare le capacità di calcolo e di detection, ma di inserire meccanismi di intelligence in grado di riconoscere pattern comportamentali anomali, contestualizzare le informazioni in modo dinamico, costruire correlazioni su base semantica e temporale. L’obiettivo non è sapere cosa è successo, ma cosa potrebbe succedere e come prevenirlo. Questo shift concettuale richiede un cambio radicale nella progettazione del SOC: dalla centralità della tecnologia alla centralità del contesto dell’organizzazione.

Non è un caso che la direttiva NIS 2 spinga le organizzazioni verso un rafforzamento delle capacità di monitoraggio, risposta e previsione degli eventi cyber. Il SOC, in questa prospettiva, diventa un’architettura viva, coerente con i principi della NIS 2: gestione del rischio basata su un approccio multirischio, accountability del top management, logica di difesa proattiva su scala organizzativa. È uno snodo fondamentale per dimostrare l’adozione di un approccio sistemico alla sicurezza, in grado di integrarsi con i modelli di business continuity, con le politiche di gestione della supply chain, con la governance dei dati.

Il valore strategico del SOC, dunque, non si misura più solo in tempi di risposta o il numero di incidenti gestiti. Il valore strategico del SOC va ricercato nella sua capacità di produrre consapevolezza e insight per i decision maker; nella sua capacità di abilitare la resilienza dell’organizzazione; nella sua capacità di fornire un vantaggio informativo prima ancora che operativo. Significa passare dalla logica del “respond” a quella del “foresee”, trasformando il SOC in un vero e proprio sensore organizzativo, capace di influenzare scelte, priorità e investimenti. Anche gli attuali standard tecnici devono compiere questo passo in avanti: ISO/IEC 27001, NIST CSF 2.0 e il Framework per la cybersicurezza nazionale e la data Protection, ancora non hanno nei loro domini, dimensioni e settori il “foresee”. Ciò nonostante è possibile rintracciare delle relazioni fra il SOC e questi standard. Il SOC, di fatto, è un elemento abilitante per l’implementazione operativa di quesi standard.

di Luciano Quartarone e Massimo Giaimo

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